L'economia europea si risolleverà dalle delusioni del 2019?
3 ottobre 2019
A cura di: Carl Kawaja , Robert Lind & Jens Søndergaard
Considerazioni chiave
- I dissidi commerciali e l'instabilità politica globale stanno facendo sentire i loro effetti sull'economia europea.
- I funzionari delle banche centrali rispondono con una nuova e massiccia dose di stimoli monetari.
- Malgrado gli ostacoli per l'economia, alcune società continuano a offrire opportunità d'investimento.
È stato un altro anno deludente per l'economia europea, anche se, a dire il vero, manca ancora un intero trimestre alla fine del 2019.
Il Regno Unito è in balia dell'incertezza causata dalla Brexit. La Germania è sull'orlo di una recessione. Le proteste che hanno infiammato le strade di Parigi fino a poco fa hanno rischiato di destabilizzare il governo francese. Come se ciò non bastasse, i problemi creati in tutto il mondo dalle continue tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina hanno inciso pesantemente sull'economia europea, fortemente dipendente dalle esportazioni.
"Credo che molti europei saranno ben felici di consegnare il 2019 alla storia", afferma l'economista di Capital Group Robert Lind. "È stato un anno difficile politicamente, economicamente e anche socialmente in senso lato".
Tuttavia, abbiamo motivo di ritenere che il 2020 sarà migliore, spiega Lind. Vi sono in gioco diversi "se" cruciali: Se si riuscirà a negoziare una tregua sul fronte degli scambi globali, se le misure di stimolo delle banche centrali funzioneranno e se verrà finalmente trovata una soluzione per la Brexit, potrebbe essere rimossa una buona fetta di quell'incertezza che ha frenato la crescita economica europea in questi ultimi anni.
Misure di stimolo in arrivo
"In linea generale, credo che l'economia europea dovrebbe iniziare gradualmente a mostrare segnali di miglioramento nel 2020 poiché alcuni rischi politici cominciano ad attutirsi e l'allentamento delle politiche monetarie e fiscali si trasmette all'intero sistema", sostiene Lind.
Il mese scorso, la Banca centrale europea ha tagliato il suo tasso ufficiale portandolo ancora di più in territorio negativo, dal -0,4% al -0,5%. I funzionari della BCE hanno inoltre affermato che verrà riaperto un piano di acquisti obbligazionari da EUR 20 miliardi al mese nel tentativo di far ripartire l'inflazione e l'economia europea. Molti governi dell'area euro hanno allentato le politiche fiscali per contribuire a tale rilancio.
L'inflazione si è attestata abbondantemente al disotto dell'obiettivo del 2% annuo circa fissato dalla BCE, e la crescita del PIL si è aggirata intorno all'1% su base annualizzata. Si tratta di quasi la metà del tasso di crescita registrato dall'economia statunitense.
Il presidente uscente della BCE Mario Draghi ha affermato che le misure di stimolo imponenti sono necessarie per contribuire a compensare i danni delle guerre commerciali e il rallentamento della crescita economica in tutto il mondo. L'ex presidente dell'FMI Christine Lagarde, che subentrerà a Draghi a partire dal 1° novembre, dovrebbe portare avanti le politiche del suo predecessore.
Un'altra sfida senza precedenti che l'economia europea si trova a dover affrontare è l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea. Il Paese deve approvare il fatidico e contrastato accordo di divorzio entro il 31 ottobre, ma è sempre più probabile che i legislatori d'Oltremanica chiederanno una nuova proroga di questa estenuante negoziazione.
Al contempo, la Germania si sta avvicinando sempre più alla recessione in quanto il suo settore manifatturiero, e l'industria automobilistica in particolare, sono sotto la scure della disputa commerciale sino-statunitense. Nel secondo trimestre l'economia tedesca si è contratta dello 0,1% e si prevede un'ulteriore flessione nel terzo trimestre. Solitamente, si parla di recessione tecnica dopo due trimestri consecutivi di crescita negativa.
È in arrivo una spinta valutaria?
Dopo il taglio dei tassi di settembre della BCE, l'euro ha continuato a indebolirsi contro il dollaro USA, mantenendo in vita la forte e pluriennale dinamica ascendente del biglietto verde. Da inizio anno ad oggi, l'euro ha perso più del 4% in quanto i tassi d'interesse negativi nell'Eurozona (cui si è sommata la salita dei tassi USA) hanno reso generalmente più appetibili gli investimenti denominati in dollari.
Il dollaro è notevolmente sopravvalutato rispetto all'euro, sostiene Jens Søndergaard, analista valutario di Capital Group. Una volta che il trend avrà invertito rotta, le attività finanziarie denominate in euro potranno beneficiare di un forte impulso, spiega Søndergaard.
Pur riconoscendo che le oscillazioni valutarie sono notoriamente difficili da prevedere, secondo l'analista il dollaro dovrebbe perdere quota nel 2020-2021 a fronte dell'affievolimento della crescita economia americana. Nel breve termine, l'euro potrebbe indebolirsi ulteriormente per effetto della divergenza delle due economie.
"Il rapporto tra tassi d'interesse e valute si è sostanzialmente interrotto a causa del contesto di tassi d'interesse negativi", fa notare Søndergaard. "Ci vorrà del tempo perché si ristabilisca tale correlazione. Oggi come oggi, i fattori di traino più importanti per le valute sono i flussi obbligazionari relativi e le aspettative di crescita, sempre in termini relativi.
Pertanto, la vera domanda è: l'euro si apprezzerà quando l'economia statunitense comincerà a indebolirsi"? La riposta, secondo Søndergaard, è che "solo il tempo lo dirà".
Implicazioni per gli investimenti
Malgrado gli ostacoli per l'economia, o forse proprio a causa loro, l'Europa si trova in un classico mercato da "stock-picker", afferma il gestore di portafoglio Carl Kawaja. Gli investitori sanno che non sarà una robusta crescita economica a spingere al rialzo i corsi azionari, e che pertanto bisogna prestare maggiore attenzione ai fondamentali societari.
"L'incertezza crea opportunità", sostiene Kawaja. "A noi piace quando le cose si fanno un po' torbide e difficili da interpretare. In questo tipo di condizioni, riusciamo a trovare numerose opportunità interessanti in Europa, sia in termini di crescita che di valutazioni".
Sul versante della crescita, Kawaja va in cerca di società in forte espansione che stanno avendo un impatto rivoluzionario nei rispettivi settori di attività. Sul fronte valutativo, ricerca opportunità nel settore automobilistico europeo, orientandosi sulle società più penalizzate fino a questo momento.
È importante notare che sebbene i titoli europei abbiano continuato a sottoperformare quelli statunitensi da inizio anno, i rendimenti sono rimasti comunque solidi in termini assoluti. Prima della volatilità della scorsa settimana, nei primi tre trimestri dell'anno fino a fine settembre l'indice MSCI Europe Index guadagnava quasi il 14% in dollari USA e quasi il 20% in valuta locale. A titolo di raffronto, le azioni americane si sono apprezzate del 20% circa quest'anno in dollari USA, secondo quanto misurato dall'indice S&P 500.
Benché la crescita economica europea sia stata insoddisfacente da gennaio ad oggi, i rendimenti finanziari hanno tracciato una traiettoria ben diversa, e ciò serve a ricordare che l'economia e il mercato azionario non sempre procedono di pari passo.
Carl Kawaja
Gestore di portafoglio azionario
Carl ha 32 anni di esperienza in materia di investimenti, 27 con Capital Group. All'inizio della sua carriera, come analista di investimenti azionari presso Capital, si è occupato di prodotti per la casa a livello globale e di aziende statunitensi per l'igiene personale, insieme a società canadesi. Ha conseguito un MBA in Colombia e una laurea in storia presso Brown.
Robert Lind
Economista
Robert ha 31 anni di esperienza nel settore, due anni con Capital Group. In precedenza ha lavorato come capo economista di gruppo presso Anglo American ed è stato responsabile della macro ricerca presso ABN AMRO. Ha conseguito la laurea di primo livello a Oxford.
Jens Søndergaard
Analista valutario
Jens ha 13 anni di esperienza, sei in Capital Group. All'inizio della sua carriera alla Capital, ha lavorato come economista nell'area dell'euro e nel Regno Unito. Prima di entrare in Capital, è stato economista europeo senior presso Nomura, economista senior presso la Bank of England e professore assistente alla Johns Hopkins University. Ha conseguito un dottorato di ricerca in economia e un master in servizio all'estero presso Georgetown.