Previsioni di metà anno: ripresa all’orizzonte
15 giugno 2020
A cura di: Rob Lovelace , Joyce Gordon & Jeremy Cunningham
Considerazioni chiave
- Dal momento che questo declino economico è ascrivibile a fattori politici, è probabile che assisteremo a una ripresa economica con la revoca delle misure di lockdown.
- Una politica monetaria accomodante, una politica fiscale aggressiva e tassi d’interesse a zero dovrebbero continuare a sostenere i mercati azionari.
- La scarsa crescita e inflazione lasciano intendere un probabile proseguimento dei bassi tassi d’interesse. In tale contesto, un approccio diversificato e una ricerca fondamentale attiva possono rivelarsi utili.
Previsioni di metà anno: dalla recessione alla ripresa
Nelle prime settimane del 2020, gli investitori non avevano pressoché idea degli spaventosi avvenimenti che li attendevano in quest’anno alquanto insolito. Anche se la crescita economica globale stava rallentando, c’erano molti motivi per nutrire un cauto ottimismo.
Ma quello era ieri. Oggi è diverso.
In questi tre mesi impegnativi, i lockdown causati dal coronavirus hanno sconvolto le economie globali. Milioni di persone hanno presentato domanda di sussidi di disoccupazione. In molti luoghi, i contagi da COVID-19 sembrano aver raggiunto il picco, ma il rischio di nuovi focolai permane.
Ciononostante, per quanto molti titoli azionari siano calati su base annua, non hanno del tutto perso l’interesse da parte degli investitori, che guardano con ottimismo a un’eventuale ripresa futura. Le loro speranze sono sostenute dalle massicce misure di stimolo varate dai governi e da tassi d’interesse ai minimi storici. Alcune aziende percepite come beneficiarie dell’obbligo di confinamento sociale, tra cui imprese di e-commerce, video streaming e fornitura a domicilio di prodotti alimentari, si sono addirittura mosse al rialzo in quella che è stata la peggiore fase economica e di mercato dalla crisi finanziaria globale del 2008-2009.
Come ha sottolineato Rob Lovelace, vicepresidente e gestore di portafoglio di Capital Group, nei suoi recenti appelli agli investitori, esiste un aspetto unico di questa recessione: è stata autoimposta dai governi in risposta a una crisi sanitaria mondiale. In quanto tale, non è difficile per gli investitori immaginare la fine di questo capitolo e guardare con impazienza ad un periodo di recupero post-COVID, che forse è anche già iniziato.
“Questa crisi è diversa da quella finanziaria del 2008: si intravede l’altro lato della valle”, afferma Lovelace, che aggiunge: “È difficile stabilire quanto sia ampio il fondovalle, ma credo che fra due anni ci ritroveremo in un posto migliore”.
Posizionamento in vista della ripresa del mercato
Le fasi di ribasso dei mercati sono indubbiamente dolorose. E quando ci si trova nel bel mezzo di un forte declino, come quello vissuto a marzo, sembra che non debba finire mai. Tuttavia, è importante ricordare che nel secondo dopoguerra i periodi di ripresa sono stati di gran lunga più solidi delle recessioni, e sono durati anche molto di più.
Per quanto ogni declino sia unico nel suo genere, negli ultimi 70 anni, il ribasso medio del mercato statunitense è durato 14 mesi e ha provocato una perdita media del 33%. Al contrario, la ripresa media è durata 72 mesi – ovvero più di cinque volte tanto – con un rialzo medio del 279%.
Inoltre, come probabilmente avranno imparato gli investitori nell’ultima grave recessione, anche i rendimenti migliori hanno spesso coinciso con le fasi successive alle peggiori contrazioni. Dopo il crash del 2008, ad esempio, le azioni statunitensi hanno chiuso il 2009 con un +23%. Perdere un rimbalzo può costare caro: ecco perché è fondamentale tenere fede ai propri investimenti anche nei momenti di maggiore difficoltà.
Dividendi e recessione
Un’altra importante differenza in questa fase di contrazione riguarda il radicale cambiamento delle prospettive per alcuni titoli che corrispondono dividendi. Se nei precedenti ribassi le azioni a dividendo hanno generalmente rappresentato un ammortizzatore contro il rapido calo dei prezzi azionari, questa volta non è stato così, perché molte società che in passato avevano effettuato distribuzioni costanti e affidabili, hanno sospeso o tagliato i dividendi nel tentativo di preservare il capitale.
Ad ogni modo - come consiglia il gestore di portafoglio Joyce Gordon - invece di evitare del tutto le azioni orientate al reddito, gli investitori dovrebbero considerare i punti di forza e le debolezze fondamentali di ogni azienda, focalizzandosi in particolare sulla sostenibilità dei dividendi futuri.
In effetti, alcune aziende di vari settori, tra cui Apple, Costco, Procter & Gamble e UnitedHealth, hanno in realtà aumentato i propri dividendi quest’anno. “Il segreto per affrontare questo scenario è adottare un approccio realmente selettivo”, spiega Gordon. “I titoli che corrispondono dividendi non sono tutti uguali. A mio avviso, le aziende con livelli di debito elevati e prospettive creditizie poco incoraggianti sono tutt’altro che allettanti”.
Un mercato favorevole agli esperti di selezione dei titoli
Un cambiamento drammatico del contesto macroeconomico implica che la ricerca fondamentale è più importante che mai. Si possono trovare interessanti opportunità a lungo termine negli Stati Uniti, in Europa, in Giappone e nei mercati emergenti, ma la selettività è fondamentale.
Azioni USA: ampio divario fra vincitori e vinti
Non sorprende che l’attività abbia subito un rallentamento in ampie fasce dell’economia globale. Con molti paesi che hanno imposto rigide misure di blocco, i negozi hanno chiuso e i consumatori sono rimasti a casa. Secondo il Dipartimento del Commercio, negli Stati Uniti le vendite al dettaglio avrebbero subito un crollo senza precedenti del 16,4% ad aprile.
Ma non è tutto. Ad uno sguardo più approfondito sul mercato azionario statunitense emerge come questo periodo di mobilità limitata abbia creato un netto divario tra vincitori e vinti. Come prevedibile, i commercianti online e di generi alimentari hanno goduto di un forte incremento delle vendite, visto che i consumatori hanno comunque continuato a mangiare e fare shopping, seppure da dietro uno schermo. Anche i fornitori di banda larga, assistenza sanitaria, prodotti per il bricolage e servizi educativi hanno potuto contare su una domanda sostenuta. Al contrario, ristoranti, agenzie di viaggi e svago e società aerospaziali hanno visto sfumare i loro guadagni.
Azioni europee: l’Europa si trova ad affrontare un contesto difficile
I dati economici hanno confermato l’entità dello shock derivante dai lockdown messi in campo per contenere il coronavirus. Secondo quanto riferito dall’Eurostat, il PIL reale dell’Eurozona sarebbe sceso del 3,8% nel primo trimestre, con le difficoltà maggiori osservate in Francia, Italia e Spagna. I PMI del settore manifatturiero e dei servizi sono crollati ad aprile, per riprendersi solo modestamente a maggio. Al momento, l’attività manifatturiera denota la stessa debolezza successiva alla crisi finanziaria globale. L’attività dei servizi è scivolata ai minimi storici, a significare un possibile calo del PIL nell’ordine del 10-20% nel secondo trimestre.
Nonostante questo contesto difficile, si trovano ancora interessanti opportunità d’investimento a lungo termine nelle azioni europee quotate in borsa. A differenza di altri, infatti, questo mercato sembra offrire valutazioni convenienti. Inoltre, molte di queste società non dipendono esclusivamente dalla salute dell’economia europea interna, avendo molte di esse divisioni globali e flussi reddituali diversificati.
Giappone: la ricerca fondamentale è imprescindibile
Molte aziende giapponesi vantano oggi divisioni competitive a livello globale, alcune leader di settori come l’automazione, la meccatronica e la produzione di precisione. La crescente abilità dimostrata dal paese in particolare nelle tecnologie di automazione si deve alla necessità di contrastare gli effetti negativi del calo demografico e dell’invecchiamento della popolazione.
Recentemente, l’attenzione si è rivolta a quelle aziende ben posizionate per il futuro, mentre il Giappone e il mondo intero si stanno adattando a una nuova normalità – un ambiente dove i modelli commerciali cambiano in continuazione sotto la spinta di tecnologie dirompenti e nuovi comportamenti dei consumatori scaturiti dalla pandemia di COVID-19. L’improvviso aumento della necessità di lavorare in remoto e di soluzioni di telelavoro ha creato una forte domanda di servizi di rete, personal computer, tablet, software e cloud. Il Giappone vanta aziende competitive in tutti questi settori.
Ma avere il giusto business, prodotto, servizio o tecnologia è solo una parte dell’equazione. Molte realtà giapponesi stanno migliorando attivamente anche il proprio standard di corporate governance in risposta al Codice di Corporate Governance introdotto dal governo nel 2015. Anche se ci vorrà del tempo perché le società nipponiche apprezzino e colgano i frutti di una buona gestione aziendale, molte si stanno muovendo nella giusta direzione attraverso aumenti dei dividendi, riacquisti di azioni e una migliore gestione del bilancio.
Mercati emergenti: i fondamentali sono il catalizzatore dei rendimenti
Negli ultimi 10 anni le azioni di società domiciliate nei mercati emergenti hanno rappresentato il 49% dei 50 titoli più importanti dell’Indice MSCI ACWI. In soli cinque anni, la quota è salita al 62%. Pertanto, se è probabile che i mercati sviluppati abbiano registrato rendimenti maggiori su base ponderata per gli asset, con riferimento alle singole società, i paesi emergenti si sono rivelati un terreno fertile.
Aiutare a sospingere alcune azioni dei mercati emergenti è il ruolo dei fondamentali, che rappresentano quasi due terzi dei rendimenti totali di questi paesi. Ciò significa che le aziende dei mercati emergenti sono meno influenzate dallo scenario macroeconomico e possono attingere ai trend di crescita secolari, come l’aumento della ricchezza della classe media, una più rapida digitalizzazione e un maggiore ricorso all’assistenza sanitaria. Un aspetto che potrebbe rivelarsi particolarmente allettante nel panorama attuale, dove le sorti dell’economia sono sempre più incerte.
Obbligazioni globali: ancora “lower for longer”
Dopo lo shock estremo di marzo, i titoli obbligazionari si sono stabilizzati grazie all’impegno profuso da governi e banche centrali per contribuire ad alleviare lo stress finanziario e dei mercati. A differenza del passato, come ad esempio nella crisi finanziaria globale, questa volta le loro risposte sono state relativamente rapide e di ampia portata. Finora ciò ha contribuito a prevenire un ulteriore declino economico, attraverso tagli ai tassi d’interesse, acquisti di obbligazioni, programmi di prestito e fornitura di liquidità. Ma la chiusura temporanea dell’economia globale è un evento unico e la strada verso la ripresa economica sarà lunga e si misurerà più in anni che in trimestri.
Alla luce di questa nuova realtà, è evidente che il contesto dei bassi tassi d’interesse che ha prevalso negli ultimi anni è probabilmente destinato a permanere quanto meno nel medio termine. Le banche centrali manterranno verosimilmente approcci conservativi e accomodanti. Ad esempio, il mercato dei futures sui fondi federali, che rappresenta le aspettative degli operatori di mercato in merito alla direzione dei tassi d’interesse, sta valutando il tasso dei fondi federali allo 0-0,25% per gran parte del 2023. Non si esclude inoltre che i bilanci della Banca Centrale Europea (BCE), della Bank of Japan (BoJ) e della Federal Reserve americana (Fed) possano raggiungere un totale di 20-25 miliardi di dollari. Forse seguiranno anche molti altri programmi di stimolo fiscale ed estensioni di piani in scadenza.
Per quanto le banche centrali possano contribuire a rafforzare la liquidità di aziende altrimenti costrette alla bancarotta dalla chiusura economica, ci aspettiamo un crollo degli utili societari e un aumento dei casi di default. In questo contesto, riteniamo indispensabile mantenere un approccio diversificato con una forte attenzione alla ricerca fondamentale attiva.
Rob Lovelace
Gestore di portafogli azionari
Rob è vicepresidente di Capital Group, presidente di Capital Research and Management Company, Inc. e fa parte del Capital Group Management Committee. Ha 33 anni di esperienza negli investimenti, tutti con Capital. All'inizio della sua carriera, Rob si è occupato di società minerarie e metallurgiche globali e di società domiciliate in Messico e nelle Filippine come analista. Ha conseguito una laurea in geologia a Princeton ed è titolare del CFA.
Joyce Gordon
Gestore di portafoglio azionario
Joyce ha 38 anni di esperienza in materia di investimenti ed è con Capital Group da 43 anni. All'inizio della sua carriera, si è occupata di risparmio, banche e società di prodotti cartari e forestali in qualità di analista di partecipazioni. Ha conseguito un MBA e una laurea in finanza aziendale presso la University of Southern California.
Jeremy Cunningham
Direttore degli investimenti
Jeremy è un direttore degli investimenti di Capital Group. Ha 33 anni di esperienza nel settore e lavora per Capital Group da quattro anni. Ha la qualifica di Chartered Financial Analyst®.